Abbiamo intervistato Fabrizio Quattrini: psicologo, psicoterapeuta, sessuologo e presidente dell’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica (IISS) di Roma. In occasione della Giornata Internazionale delle persone con disabilità (leggi articolo) abbiamo pensato di affrontare il tema delle sessualità nelle persone con handicap. Il Dott. Quattrini ci chiarirà la figura dell'”assistente sessuale” e del perché sia ancora tabù in Italia parlare di questa tematica.
Dott. Quattrini, perché è ancora tabù parlare di sessualità nelle persone disabili?
La sessualità in generale è oggi ancora tabù e ci sono una serie di freni dati dalla società e dalla cultura di appartenenza. Quando si parla poi di argomenti ancora più di nicchia, come può essere quello della sessualità nelle persone con disabilità, ecco che il tabù si amplifica, come se il disabile non avesse diritto di viversi la propria sessualità. Non a caso ancora oggi capita di sentire persone che immaginano un disabile come persona asessuata o eterno bambino. L’alternativa ancora più drammatica è ritenerlo un “mostro”, qualora le persone attorno al disabile non sappiano gestirlo/a e allora diventa un individuo che dev’essere controllato (sedato, bloccato, ecc.).
Come si può creare una nuova cultura mirata all’accettazione di questa tematica?
Credo molto nell’educazione alla sessualità e nell’importanza di promuoverla sia da un punto di vista dell’informazione sia quello della formazione, per permettere alle persone non solo di cambiare idea, ma anche di interiorizzare un nuovo modo di vedere le varie sfaccettature della sessualità. Quando si parla di un cambiamento culturale e di un abbattimento di quelli che sono gli stereotipi legati ai tabù, non sarà mai facile risolverlo in tempistiche veloci. Consideriamo anche che i tabù sono fondamentalmente difensivi per le persone, associandoli a quelli che spesso sono stereotipi, diventano vere e proprie maschere difensive per evitare di affrontare le cose.
Spesso si sente parlare dell’assistente sessuale: ci può chiarire esattamente cos’è questa “figura”?
La figura dell’assistente sessuale in realtà ‘non esiste’, nel senso che ci sono alcuni paesi in Europa che per mezzo di una regolamentazione giuridica in materia di “Sex Worker”, hanno permesso a coloro che fanno il lavoro più antico del mondo, di sviluppare anche un processo di sex worker con persone disabili. Questo ha suscitato in alcune associazioni locali la possibilità di preparare queste persone attraverso dei corsi. Quella dell’assistente sessuale è una figura che nasce all’interno di una regolamentazione già esistente ma ci sono diverse tipologie di figure:
l’assistente sessuale: inteso come sex worker e quindi come prostituta;
- il sexual surrogate, una persona, che in paesi come l’america, si presta (non come sex worker) ma come vero e proprio surrogato sessuale alla persona che richiede l’intervento. Un individuo che presta il suo corpo e che permette di far vivere un’esperienza erotico-sessuale svincolandosi dal lavoro che farebbe un sex worker/assistente sessuale;
- Operatore all’affettività e alla sessualità: una figura che vorremmo portare qui in Italia. C’è la volontà di far arrivare l’idea di formare degli operatori qualificati, attraverso una serie di tecniche e caratteristiche personali. Permettere a questi individui, formati ad hoc, di aiutare la persona disabile ad apprendere la propria corporeità, permettersi di sperimentare l’erotismo e la sessualità, senza necessariamente coinvolgersi come succede nel caso del sexual surrogate o l’assistente sessuale.
Questa figura non andrebbe ad aiutare solamente le persone disabili ma anche gli operatori che lavorano nelle varie comunità, gli educatori, i genitori, ecc. Un figura che colmerebbe una serie di vuoti che ci sono oggi in materia di sessualità e che nella disabilità acquista ancora di più un valore aggiunto.
L’arrivo della figura di Operatore all’affettività e alla sessualità, quando si concretizzerà qui in Italia?
Dal 2013 stiamo lavorando come Comitato promotore insieme a Maximiliano Ulivieri (Presidente “LoveGiver”), e a tante altre figure che hanno aderito a questo progetto (Cooperative, associazioni), facendo una serie di step. Il primo nel 2014, è stato quello del coinvolgimento da parte del Senatore Sergio Lo Giudice, dove insieme a lui abbiamo strutturato e descritto il DDL 1442 Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità. Questo DDL è stato presentato il 24 Aprile del 2014 in Senato, ma ad oggi è rimasto ancora lì, nonostante ci sia interesse da parte dello Stato di poter capire meglio questa figura. Sempre nel 2014 c’è stato un secondo step fondamentale dove abbiamo fatto la prima grande selezione di persone che avevano chiesto di partecipare al corso per poter diventare Operatori all’affettività e alla sessualità. Abbiamo selezionato i primi 30 individui validi, basandosi su una serie di prove complesse, valutando l’empatia emozionale ed atri aspetti legati alla sfera personale di ognuno. Dal 2014 ad oggi stiamo continuando un tour per tutta italia facendo vari corsi, congressi, eventi e tavole rotonde che ci permettono di portare alla luce questa tematica. Una novità molto interessante, è che assieme alla cooperativa Sole di Bolzano abbiamo iniziato a valutare la possibilità di partire comunque, a prescindere da quello che potrà accadere da un punto di vista giuridico e politico, a Marzo 2017 con il corso per formare professionalmente queste 30 persone.
Concludo facendo una precisazione sulla figura dell’Operatore all’affettività e alla sessualità. Il dramma più pesante rispetto a quello che noi stiamo cercando di portare avanti non è tanto l’aspetto informativo, ma piuttosto la possibilità di arrivare al massimo livello di intimità con il disabile (che non è il rapporto sessuale). Infatti, dopo aver fatto prendere consapevolezza del proprio corpo e dell’erotismo alla persona disabile, l’operatore potrà aiutarla (qualora non ci siano i presupposti per una piena autonomia) in quello che potrebbe essere l’autoerotismo. Questo è il massimo livello dell’Operatore all’affettività e alla sessualità, poiché non ci sarà mai un operatore che si concede sessualmente, come invece accade nella figura del sexual surrogate. Se ciò accadesse si andrebbe contro a delle regole giuridiche che toccano il tema della figura del ‘sex worker’.
Martina Dell’Osbel
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