Il tema dell’attaccamento è stato a lungo analizzato. Uno tra i primi teorici che si è espresso a riguardo fu Freud. Egli sosteneva che i neonati si attaccassero all’oggetto che forniva il loro soddisfacimento orale, ponendo così l’accento non sulla relazione affettiva, bensì sul nutrimento.
Tale pensiero venne successivamente screditato da Harlow, il quale mostrò come per i neonati non fosse fondamentale il soddisfacimento del cibo, bensì la relazione di attaccamento instaurata con il caregiver. Egli osservò dei cuccioli di scimmia per i primi 6 mesi di vita: questi erano stati tolti dalla madre biologica ed allevati con una madre surrogato. Metà delle scimmiette veniva nutrita da una madre surrogato fatta con la stoffa, l’altra metà con una madre fatta di cavi elettrici. Harlow registrò il tempo che le scimmie passavano con le rispettive madri surrogato: quello che emerse era che non era importante chi le nutrisse, le scimmiette passavano più tempo con la madre di stoffa, denotando che non fosse fondamentale il nutrimento fornito, bensì il contatto e la vicinanza con il caregiver.
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A partire da queste considerazioni, Bolwby si occupò di studiare la relazione di attaccamento a partire dai primi anni di vita del neonato, espressa nella Teoria dell’attaccamento. Egli sostiene che le persone (sia il neonato che il caregiver) sono biologicamente predisposte a sviluppare una relazione di attaccamento. I comportamenti di attaccamento sono azioni innate, vengono attivate sia da fattori interni (fame, sonno) che esterni (assenza della figura di attaccamento) e sono volte a mantenere una relazione con la figura di attaccamento (ad esempio, il neonato piange qualora la madre si sia allontanata, sentendolo piangere quella si avvicina).
Secondo l’autore, lo sviluppo dell’attaccamento procede per fasi: la prima è dalla nascita ai 2 mesi, in cui i comportamenti di attaccamento non sono selettivi e indirizzati verso una persona; la seconda và dai 2 ai 7 mesi, in cui i comportamenti cominciano ad essere indirizzati verso il caregiver; fino ai 2 anni, si parla di vero e proprio legame di attaccamento, in quanto il bambino protesta se non c’è la madre e manifesta paura per l’estraneo; dai 2 anni in su il legame di attaccamento è reciproco e paritario: il bambino ed il caregiver cooperano per ricercare vicinanza e supporto. In questa fase il bambino sviluppa delle rappresentazioni interne della relazione di attaccamento (MOI, cioè i modelli operativi interni), che guideranno le successive relazioni.
L’attaccamento, quindi, è una dipendenza sana tra genitore e figlio, che si instaura per motivi biologici ed evolutivi fin dalla primissima infanzia.
Giulia Parise
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