
Betta Carbone
Betta Carbone è giornalista, mamma, triatleta e curatrice del libro Gli inaffondabili. Storie di ragazzi allenati alla vita, tra testimonianze e ricordi del mondo dell’agonismo giovanile. Le abbiamo chiesto di approfondire il tema dell’importanza dello sport per la crescita dei ragazzi e in questo contesto quale sia il ruolo dei genitori:
Quali sono i benefici dello sport per i ragazzi?
Io distinguerei due cose: il libro “Gli inaffondabili” si focalizza sullo sport fatto in maniera agonistica per sottolineare non la competizione quanto l’impegno. Il primo insegnamento che lo sport dà ai bambini che iniziano è sicuramente che è divertente muoversi, fare una sorta di gioco organizzato. Che sia in squadra o contro un avversario. Lo step successivo è quello di impegnarsi per ottenere dei risultati e questo è quello a cui si arriva con l’agonismo. In particolare, l’adolescente si trova nel momento in cui lo sport può diventare agonistico e in questo caso il valore principale è proprio quello dello spirito di sacrificio e di servizio, indipendentemente che sia in squadra o individuale.
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La spinta di fondo è poco differente. Quello che cambia è la valorizzazione di alcune attitudini caratteriali piuttosto che altre: gli sport di squadra sono più adatti per smussare alcuni lati del carattere, può essere molto utile a chi si sente protagonista ed egocentrico per imparare che la sua libertà finisce dove comincia quella degli altri. Al contrario, chi è particolarmente timido, lo stimolerei a fare uno sport individuale perchè impari a dipendere esclusivamente da te stesso. In generale, poi, rispetto e rigore sono valori che si imparano dallo sport e che i ragazzi si porteranno dietro nella vita da adulti.
Come vedi la figura del genitore e quella dell’allenatore? Possono coincidere secondo te?
Per me devono essere separate. Il genitore accompagna nel percorso di vita e di sport, deve anche saper delegare all’allenatore soprattutto se non ha le competenze dal punto di vista tecnico. Ci sono ovviamente dei casi eccezionali, ad esempio Giorgio Cagnotto e Tania Cagnotto. Ma a chi capita di avere un papà campione olimpico nella stessa disciplina che fai tu? Il genitore che accompagna il figlio alla partita di calcio o alla gara di nuoto e pretende di sostituirsi all’allenatore, dando le dritte a bordo campo e prendendo i tempi con il cronometro in tribuna, fa il male del figlio, perchè è come se gli stesse chiedendo di gareggiare per soddisfare le sue aspettative e non quelle del figlio stesso. Mentre l’allenatore chiede al ragazzo di fare un determinato allenamento in modo del tutto disinteressato, tutto sommato, perchè è il suo lavoro, non c’è quel fraintendimento di sentimenti e fini che secondo me danneggia tantissimo.
Sara Forniz
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